Lombalgia

La lombalgia, denominata anche comunemente "dolore lombare" o "mal di schiena", rappresenta un quadro clinico caratterizzato da dolore localizzato nella parte bassa della colonna vertebrale (fig.1 – fig.2), propriamente detta colonna lombare o lombo-sacrale. Può essere causata da numerose patologie, ma nella grande maggioranza dei casi è determinata da alterazioni biomeccaniche e strutturali localizzate specificamente alla colonna lombare.

  • Figura 01

  • Figura 02

 

ANATOMIA:

La colonna lombare (o rachide lombare) è composta da 5 vertebre (fig.1), in alto (cranialmente) articolate con la colonna dorsale ed in basso (caudalmente) con il sacro. Ogni vertebra lombare è composta dal corpo vertebrale e da un arco posteriore (fig.2), ed è in contatto con quelle adiacenti mediante 3 articolazioni: al davanti quella formata dal disco intervertebrale (fig.3), ed in dietro dalle 2 articolazioni posteriori (destra e sinistra) costituite dalla giunzione delle cosiddette apofisi articolari (2 superiori e 2 inferiori per ciascuna vertebra), collegate fra loro attraverso le cosiddette faccette articolari (fig.4).

  • Figura 01

  • Figura 02

  • Figura 03

  • Figura 04

 

Il corpo delle vertebre lombari è più largo che alto, più ampio in larghezza che in lunghezza. Il profilo del corpo delle prime 4 vertebre lombari, viste di lato, è approssimativamente rettangolare, la vertebra L5 invece ha forma trapezoidale.

L'arco posteriore è composto da due lamine, che dirigendosi indietro ed all'interno, si congiungono per dare origine ad un'apofisi spinosa, massiccia e rettangolare che si porta direttamente all'indietro.

I peduncoli sono due corte porzioni ossee che collegano l'arco posteriore al corpo vertebrale, impiantandosi sulla faccia posteriore del corpo stesso nell'angolo supero-esterno. I peduncoli costituiscono il limite superiore ed il limite inferiore dei forami di coniugazione, raccordandosi nella parte posteriore con i massicci articolari.

Le apofisi articolari superiori si innalzano dal bordo superiore delle lamine a livello della loro unione con i peduncoli, hanno una faccetta articolare che guarda indietro ed all'interno. Le apofisi articolari inferiori si distaccano dal bordo posteriore dell'arco posteriore, vicino all'unione delle lamine con l'apofisi spinosa, ed hanno una faccetta articolare che guarda avanti ed all'esterno. Le apofisi articolari superiori di una vertebra e le inferiori della vertebra soprastante formano l'articolazione posteriore o zigoapofisaria. Le apofisi trasverse originano dalla porzione posteriore dei peduncoli e si dirigono lateralmente (fig.4).

Il forame vertebrale è la cavità compresa, in ogni singola vertebra, tra il corpo vertebrale e l'arco posteriore, di forma rotondeggiante, ovoidale o triangolare. Nel forame vertebrale triangolare, tipico delle ultime due vertebre, si distinguono tre parti: la parte centrale, gli angoli laterali e l'angolo posteriore. La parte centrale corrisponde all'area rotondeggiante occupata in vivo dal sacco durale, gli angoli laterali costituiscono i recessi laterali, in cui decorrono le radici spinali prima di impegnarsi nel forame intervertebrale. L'angolo posteriore è delimitato dalla porzione posteriore delle lamine ed occupato in vivo da un cuscinetto di grasso epidurale.

Il sacro risulta dalla fusione di 5 vertebre e presenta una marcata curva a convessità posteriore (fig.5). La zona di transizione lombosacrale, rappresentata dal quinto disco lombare e dalle porzioni adiacenti delle vertebre L5 e S1, forma il cosiddetto promontorio od angolo sacro-vertebrale. Le due masse laterali, dette ali del sacro, delimitano medialmente il canale sacrale e lateralmente si articolano con le ossa iliache. La faccia anteriore del sacro è concava.

I dischi intervertebrali lombari sono i più larghi ed i più alti di tutti i dischi intervertebrali, misurando in altezza circa 10-15 millimetri. Il disco intervertebrale è costituito dall'anello fibroso e dal nucleo polposo. Il nucleo polposo non occupa il centro del disco, ma è leggermente dislocato indietro. L'anello fibroso presenta un'architettura lamellare ad anelli concentrici. Il nucleo polposo ha un aspetto gelatinoso (fig.6). Con l'invecchiamento vi è una progressiva perdita di demarcazione tra nucleo polposo ed anello fibroso, fino a rendere le due strutture non più distinguibili fra loro.

Il rachide lombo-sacrale è provvisto di numerosi legamenti, alcuni determinanti nella stabilità vertebrale (fig.7). Il legamento longitudinale anteriore è rappresentato da un nastro fibroso che copre la regione mediana della faccia anteriore del rachide. E' formato da 3 serie di fasci fibrosi e termina di solito a livello della seconda vertebra sacrale, fondendosi con il periostio. Il legamento longitudinale posteriore decorre lungo la linea mediana posteriore dei corpi vertebrali, presentando inoltre a livello del disco due espansioni laterali. La porzione centrale è strettamente aderente ai piatti vertebrali. Il legamento giallo unisce due lamine contigue. Il legamento sovraspinoso è una spessa banda fibrosa che arriva di solito all'apofisi spinosa di L4, proseguendo distalmente come rafe tendineo del muscolo lunghissimo del dorso. Infine il legamento interspinoso, costituito da tre fasci, che collega due apofisi spinose contigue (fig.8).

  • Figura 05

  • Figura 06

  • Figura 07

  • Figura 08

 

Il canale vertebrale risulta dalla sovrapposizione dei singoli forami vertebrali, intercalati a porzioni non ossee delimitate dai dischi intervertebrali e dai legamenti gialli.

Il forame intervertebrale è in realtà un canale osteofibroso più che un vero forame. La principale struttura contenuta nel forame intervertebrale è la radice spinale.

Le strutture nervose del canale vertebrale lombare sono rappresentate dalla porzione terminale del midollo spinale, denominata cono midollare, dalle radici della cauda equina e dai nervi radicolari. Il midollo e le radici della cauda equina sono contenute nel sacco tecale (fig.9).

Il sacco tecale è costituito dal sacco durale, rivestito internamente dalla membrana aracnoidea. Il sacco tecale termina di norma al limite tra le vertebre S1 e S2.

Il cono midollare è la porzione terminale del midollo spinale. Il cono midollare è di norma situato a livello del corpo vertebrale di L1 o del disco intervertebrale L1-L2.

La cauda equina è l'insieme delle radici nervose lombari e sacrali contenute all'interno del sacco tecale, nella parte terminale del canale vertebrale toracico e nel canale vertebrale lombo-sacrale.

Il nervo radicolare, denominato anche radice spinale, è formato dalle due radici spinali, anteriore e posteriore, emergenti dal sacco tecale ad un determinato livello vertebrale (fig.10). Il nervo si estende dal sacco tecale fino all'uscita dal forame intervertebrale, prendendo successivamente il nome di nervo spinale (fig.11). Fuoriuscite dal sacco tecale le due radici nervose sono avvolte da un involucro fibroso comune. L'emergenza delle radici spinali dal sacco tecale è progressivamente più craniale, procedendo da L1 a S5, rispetto al forame intervertebrale in cui esse passano.

Sotto il profilo dell'innervazione, il rachide può essere distinto in una porzione anteriore ed una porzione posteriore. Quella anteriore è innervata dal nervo senovertebrale, dal ramo ventrale del nervo spinale e dalla catena del simpatico (fig.12). Alla porzione posteriore si distribuisce il ramo dorsale del nervo spinale (fig.13).

  • Figura 09

  • Figura 10

  • Figura 11

 

  • Figura 12

  • Figura 13

 

Terminazioni nervose libere, in prevalenza nocicettori, sono peraltro presenti in tutte le strutture fibro-capsulo-legamentose del rachide lombare, ad eccezione del nucleo polposo (fig.14). Sono sensibili a stimoli fisici e chimici, e mediante la produzione di sostanze chimiche (citochine, prostaglandine, neuropeptidi, ecc…) sono responsabili della patogenesi del dolore lombare.

La vascolarizzazione del rachide lombare deriva dalle arterie lombari e dall'arteria sacrale media. Le arterie lombari, originate dalla faccia posteriore dell'aorta addominale, si dirigono lateralmente accanto al corpo vertebrale, dando origine a tre rami a livello del forame intervertebrale (fig.15). L'architettura venosa del rachide lombare comprende due principali sistemi: il sistema epidurale e quello del corpo vertebrale (fig.16).

  • Figura 14

  • Figura 15

  • Figura 16

 

FISIOLOGIA E BIOMECCANICA:

La matrice extracellulare del disco intervertebrale è simile per composizione e struttura a quella della cartilagine jalina. Essa è formata in gran parte da collagene, che rappresenta la metà del peso secco dell'anello fibroso ed il 20%-30% di quello del nucleo polposo. Le fibre collagene hanno la proprietà di essere flessibili ed inestensibili, e pertanto offrono una grande resistenza alla trazione, ma non alla compressione (fig.1).

I proteoglicani contenuti nel nucleo polposo sono complessi proteico-mucopolisaccaridici, costituiti da un nucleo proteico a cui sono legate catene laterali di glicosaminoglicani solforati. I glicosaminoglicani sono rappresentati dal condroitinsolfato e dal cheratansolfato. L'altra estremità del nucleo proteico rappresenta l'area di ancoraggio per l'acido jaluronico.

L'acqua è la componente più abbondante del disco intervertebrale. Considerato lo scarso numero di cellule presenti nel tessuto discale, gran parte dell'acqua è extracellulare ed è associata al collagene ed ai proteoglicani. Nel giovane l'acqua costituisce l'85%-90% del nucleo polposo ed il 78% dell'anello fibroso. Il contenuto idrico del disco decresce con l'invecchiamento, sino a costituire in età senile il 70% del nucleo polposo e dell'anello fibroso (fig.2). Con l'aumento dell'età si riscontra anche un progressivo aumento della quantità di collagene.

Queste modificazioni fisiologiche della struttura discale spiegano bene i mutamenti macroscopici legati all'invecchiamento, quali la perdita dell'aspetto gelatinoso del nucleo polposo e la riduzione della netta distinzione tra nucleo ed anello fibroso. La concentrazione dei proteoglicani è ridotta sensibilmente nei dischi degenerati, e la riduzione è direttamente correlata al grado di degenerazione. La ridotta quantità di acqua nel disco degenerato altera la pressione idrostatica intradiscale, favorendo la formazione di fessurazioni nell'anello fibroso (fig.3).

  • Figura 01

  • Figura 02

  • Figura 03

 

La colonna vertebrale è costituita da un insieme di segmenti di moto, definiti unità di moto vertebrale, ciascuno dei quali comprende un disco, le due vertebre adiacenti e le strutture capsulo-legamentose tra loro interposte.

I dischi intervertebrali, insieme alle articolazioni posteriori, assicurano la trasmissione e la distribuzione del carico alle vertebre adiacenti.

Funzionalmente possiamo suddividere un pilastro anteriore, costituito dai corpi vertebrali e dal disco intervertebrale, che esplica fondamentalmente una funzione di sostegno. All'indietro è situato il pilastro posteriore, costituito dalla colonna delle apofisi articolari impiantate sull'arco posteriore (fig.4).

Mentre il pilastro anteriore svolge una funzione statica, quello posteriore svolge una funzione dinamica (fig.5). L'unità funzionale di raccordo fra il pilastro anteriore e quello posteriore è rappresentata dai peduncoli.

Possiamo paragonare ogni unità di moto vertebrale ad una leva di 1° tipo, dove l'articolazione interapofisaria ha il ruolo di punto di appoggio. Tale sistema di leva realizza un ammortizzamento diretto passivo a livello dei dischi intervertebrali, ed un ammortizzamento indiretto attivo a livello dei muscoli delle docce vertebrali, per mezzo delle leve costituite dagli archi posteriori. L'ammortizzamento delle forze di compressione è pertanto sia attivo che passivo.

Imprigionato sotto pressione nella sua sede tra i due piatti vertebrali, il nucleo polposo ha grossolanamente la forma di una sfera. Si può pertanto rappresentare funzionalmente il nucleo polposo come una biglia interposta fra due piani, che agisce come uno snodo che consente movimenti di inclinazione, rotazione e scivolamento (fig.6).

  • Figura 04

  • Figura 05

  • Figura 06

 

Il nucleo sopporta il 75% del carico, mentre l'anello fibroso ne sopporta solo il 25%. Sotto carico il nucleo agisce come un distributore di pressione in senso orizzontale sull'anello fibroso.

La pressione al centro del nucleo non è mai nulla, anche quando il disco non è sotto carico. Questa pressione è dovuta allo stato di idrofilia che determina un rigonfiamento del nucleo contenuto in un alloggiamento non estensibile. Si viene così a realizzare uno stato detto di "precompressione", condizione che aumenta notevolmente la resistenza alle sollecitazioni di compressione e di inflessione (fig.7).

L'incremento della pressione idrostatica del nucleo polposo determina un aumento della tensione delle fibre anulari e, di conseguenza, un aumento di rigidità del disco. In questo modo, con l'aumentare del carico applicato, il disco aumenta la stabilità dell'unità di moto vertebrale. Il comportamento di un disco sottoposto al carico è assimilabile a quello di un materiale viscoelastico.

Le proprietà viscoelastiche del disco sono responsabili del comportamento bifasico dell'unità di moto vertebrale sotto carico: il disco è flessibile quando è sottoposto a carichi limitati, ed aumenta in rigidità con l'aumentare del carico.

Il meccanismo di autostabilizzazione, che regola la funzione dell'unità di moto vertebrale durante i suoi movimenti, è legato in gran parte allo stato di precompressione del nucleo. Infatti qualunque sia la compressione esercitata sul disco, si traduce sempre in un aumento della pressione interna del nucleo ed in un aumento della tensione delle fibre dell'anello fibroso, ma a causa dello spostamento relativo del nucleo (fig.8), la tensione delle fibre è differente, il che tende a ricondurre il sistema nella sua posizione iniziale.

  • Figura 07

  • Figura 08